"Con i piedi per terra e la testa fra le nuvole, Emma iniziò a leggere..."

sabato 25 febbraio 2017

La passione per i libri ci rende asociali?

Ciao amici,
quest’oggi mi troverete un po’ critica, come la maggior parte delle persone, d’altronde.
Ho fatto un’imboscata rapida nella camera di Emma; è stata rapida perché ho temuto che qualcuno mi stesse inseguendo, quindi non mi sono trattenuta più di quanto in realtà avrei desiderato. Anzi, vi dirò…sarei voluta tornare indietro oppure nascondermi in qualche parte ed abbandonare, almeno per oggi, l’intenzione di prendere in prestito un libro dalla sua libreria. In effetti, già da un po’, covavo il desiderio di leggere “Madame Bovary”, ma quando sono arrivata, sudata e asfissiata, con grande delusione, mi sono accorta che quel libro mancava; eppure ero sicura che ci fosse dal momento in cui la volta scorsa lo vidi sugli scaffali impilato assieme agli altri simili e che da allora mi promisi che sarebbe stata la mia prossima lettura. Voi mi direte che, al suo posto, avrei potuto scegliere qualsiasi altro libro, poiché qualsiasi testo è accettabile e rispettabile e io vi risponderei che avete ragione ma qualcosa mi ha bloccato nel volerlo fare.  

Avevo un importante incontro con una delle mie amiche e il suono del cellulare non ha esitato a ricordarmelo. La mia risposta è stata rapida così come la battuta della mia amica che, come sempre, ha del sarcasmo. Ma non tutti sono dei professionisti del “mestiere”. Il sarcasmo è per i più abili, non per gli stolti. Vi è mai capitato di sentirvi dire da qualcuno che siete degli asociali soltanto perché trascorrete la maggior parte del vostro tempo a leggere rifiutando più inviti per uscire che buoni sconto da parte de La Feltrinelli? A me sì e puntualmente ho dovuto sorbirmi quelle angoscianti, deplorevoli e insulse dichiarazioni che comprendono sempre la parola “asociale”. Be’ cari amici, posso dire che io provi un certo disgusto davanti a tanta arroganza e prepotenza. Chi ama leggere viene categoricamente identificato come un disadattato, è brutto dirlo ma è così.  Trovo più società in un libro che nella società stessa, peccato che loro ancora non lo sanno. È mai possibile che ancora oggi nel 2017 le persone che nutrono un amore sconfinato per i libri debbano essere giudicate da chi non ha neanche mai giudicato un proprio tema alle elementari? E non ditemi che si era troppo piccoli per farlo, perché allora dovrei essere stata l’unica, assieme alla mia classe composta da venti marmocchi, a sentirmi chiedere dalla maestra: “Secondo te, Bacchetta, che voto meriteresti per questo tema?”. Avanti, la capacità di giudizio ci è stata conferita a tutti sin dalla nascita, ma per svilupparla ci serve intelligenza che, paradossalmente, non ci viene instillata dai libri. L’intelligenza non è abbinata al sapere, ma al saper riflettere, pensare o almeno io la penso così. Fate conto adesso che una lunga linea sia tracciata sotto ai verbi “saper riflettere” e accostatela al “saper giudicare”, con una matita, una penna o come volete. Tutti lo sanno fare, ma pochi lo fanno correttamente. Eccovi il motivo per il quale io sia tornata a casa senza aver preso in prestito un libro dalla libreria di Emma; la mia amica mi stava aspettando già da un po’ nel posto dove ci siamo date appuntamento e, durante il tragitto lento e con meno paura di esser scoperta, ho riflettuto a lungo sulla sua battuta sarcastica. Grazie a lei sorrido, grazie agli altri… penso. Grazie ai libri conosco la società. 

venerdì 24 febbraio 2017

I miglior personaggi

Buon pomeriggio, amici!
Oggi rispondo al tag #miglioripersonaggi in cui sono stata taggata su Instagram! 
A causa dell'eccessiva lunghezza del testo, ho dovuto creare un post qui, scrivendo quindi per filo e per segno tutte le motivazioni riguardo ai miei quattro personaggi preferiti. Pronti? Iniziamo subito!
Ron Wesley dalla saga di “Harry Potter”. La sua ironia affascina sin dal primo libro: è un personaggio divertente, un po’ permaloso ma chi non lo è? Trovo perfetta la sua imperfezione. La Rowling ha creato un personaggio che non ha bisogno di tempo per essere apprezzato, lo si ama dal principio.
Noah da “Le pagine della nostra vita”. Non amo particolarmente le romanticherie da parte degli uomini, poiché in un certo senso le ritengo fittizie. Un concentrato di attenzioni materialistiche e non unicamente per appagare il proprio ego più che la persona con cui si sta insieme. Il personaggio di Noah, e mi auguro che #Nicholas #Sparks lo abbia creato ispirandosi a qualche reale comune mortale, mi ha sorpresa non tanto per il suo lato tenero, dolce e romantico (tant’è che a volte balza fuori il suo essere burbero ed arrogante), quanto per il suo modo di vivere: semplice, rilassante (sebbene abbia una vita povera e ricca di sacrifici). In Noah Calhoun ho apprezzato la sua quiete interiore e la forza d’animo di dimostrare con semplicità i propri sentimenti. Lui non ha da dimostrare nulla agli altri se non unicamente al suo inconfondibile amore di nome Allie.
Jane Eyre di Charlotte Bronte: Trovo eccellente la psicologia di questo personaggio, a cui non riesco ancora a dire addio. Jane Eyre è la donna perfetta dei nostri tempi. La sua mente non vede ostacoli, la sua anima è libera e si sbilancia sempre verso l’infinito, l’indefinito. Così povera materialmente ma così ricca nel cuore che il suo personaggio non può essere che ammirato dall’inizio alla fine dell’Opera. Il suo carattere è ben formato e lo si ama già da quando ha inizio la storia, dove incontriamo una Jane bambina che, sebbene sia costretta a vivere in una realtà crudele in cui le veniva tolta qualsiasi briciolo di felicità, non ha paura ad esternare le proprie ragioni: è audace, grintosa, spigliata. La Jane adulta non ha nulla a che invidiare a quella bambina, poiché riscontriamo in lei le stesse qualità, ma con una sola eccezione: la grande Jane ama l’indipendenza e grida la ragione armandosi di pazienza, tranquillità, dimostrando in tal modo un forte senso di superiorità, un valore aggiuntivo dunque per la sua irrequieta personalità di giovane donna.

Elizabeth Bennet da “Orgoglio e Pregiudizio”, Jane Austen: Ho amato questo personaggio poiché si discosta da tutti gli altri e, soprattutto, dai dogmi di quel periodo. È intelligente, sarcastica, spigliata! Non le sfugge proprio niente o quasi. Adoro i dialoghi con Mr Darcy (altro personaggio da ammirare), nonché il loro rapporto che, pur essendo imperfetto, riesce ad essere meraviglioso e realistico.

giovedì 23 febbraio 2017

Un giovedì all'insegna dei bei ricordi

Piccole Donne, Louisa May Alcott 


Buon pomeriggio, amici!
Approfittando della bella giornata di oggi mi sono recata, come di consueto, presso casa “Braccani” per esplorare, senza indugio, la libreria di Emma. Oh, il fervore che provo poco prima di metter piede nella sua stanza è indicibile! Una volta entrata, i miei occhi hanno incrociato immediatamente la pila di libri sugli scaffali della sua libreria e sono rimasti fissi lì, scivolando di tanto in tanto sugli altri simili affiancati tra loro come docili soldatini. La sua camera, stranamente ordinata, era così luminosa che il mio sguardo, inevitabilmente, si è posato su un libro dalla rilegatura molto attraente; era di un rosa molto acceso! Non so dirvi se fosse dovuto dall'effetto della luce (solitamente la camera di Emma sembra quasi inghiottirti nel buio) o per i colori così eleganti e ben accoppiati che ti discostano da qualsiasi altro oggetto luminoso presente nella stanza. A guardarlo bene, dopo averlo sfilato tra due libri di Verga, non mi è sembrata affatto un’edizione passata. È stato amore a prima vista, ma per un altro motivo: il titolo che ho letto si è perso nei miei occhi, ha sfiorato la mia mente e ha toccato subito il mio cuore. Accarezzavo la copertina, mentre i miei ricordi vagavano sotto forma di immagini sbiadite e di gran lunga piacevoli.

“Piccole donne”, scritto da Louisa May Alcott e pubblicato nel 1868, è stato uno dei primi libri che io abbia letto all’inizio dell’età adolescenziale. L’edizione che ho a casa è molto più vecchiotta di quella che ha Emma, ma proprio per questo non ho alcuna intenzione di “rubarlo” a lei. Ne ho letto qualche pagina, fino a quando la luce, che a stento riusciva ad entrare nella stanza, me lo ha consentito; dietro di me il sole si scioglieva nel cielo e il soffitto spiovente della camera sembrava quasi schiacciarmi, mano a mano che la luce si indeboliva. Ho riposto “Piccole donne” sullo scaffale e sono andata via prima che Emma avesse potuto scoprirmi. In tal caso, le avrei spiegato che non sono una ladra di libri, li prendo soltanto in prestito e anche se questa volta sono tornata a casa a mani vuote, il mio cuore è tornato più ricco di prima. Quattro piccole donne sorridevano nei miei ricordi.

mercoledì 22 febbraio 2017

Ragione e Sentimento, Jane Austen


Ragione e Sentimento di Jane Austen
C'è una libreria, una delle poche che io abbia mai consultato e contemplato. Proprio lì davanti, ne ammiro i colori delle rilegature, mentre scivolo con gli occhi da un titolo ad un altro, da un autore a quello che chissà, essendo suo contemporaneo, magari era stato un rivale. Emma non c'è, non so dove sia, ma suppongo che anche oggi si trovi al convitto Julius. Ho approfittato della sua assenza e benché io non fossi sicura se sarà momentanea oppure no, cerco di fare tutto alla svelta.
Cinque giorni fa, così come oggi, mi sono intrufolata nella sua stanza con l'intenzione di "rubarle" un capolavoro senza tempo, un classico che a guardarlo - aveva il segnalibro a un terzo della metà- mi è sembrato una sua lettura recente. Non era impilato assieme agli altri libri; Emma lo aveva lasciato sul letto, accanto a un dvd della serie di The O.C. Credo che ne sia quasi ossessionata, poiché lo sorpresi fuori dalla custodia già qualche giorno prima. Tuttavia, mi infilai il libro nella borsa ed uscii in punta di piedi pensando a quanto tempo avrei impiegato per leggere "Ragione e sentimento" di Jane Austen. Ammetto che lo avevo letto già qualche anno addietro, ma aver lasciato un libro solo, fuori dalla sua "dimora" e lontano dai suoi simili, mi è sembrato peggio di un esilio e sarebbe stato brutto da parte mia lasciarlo lì. Avete presente quei "famosi" - immaginate come se lo dicessi con tono sprezzante- sandali con i due buchi laterali poco prima della punta al di sotto dei quali appaiono quegli incantevoli calzettoni bianchi tirati fino alle caviglie con tanto di merletto?
Ecco, se ci siete riusciti ad immaginarli chiedo venia. Ma sì, il paragone che mi viene da fare è proprio quello: il libro di Jane Austen era così, letteralmente fuori posto! Esattamente come quei sandali con i memorabili calzettoni bianchi. Ma torniamo a noi e alla lettura che ho scelto qualche giorno fa dalla libreria di Emma.
Quando leggo un libro di Jane Austen non sono mai a casa, metaforicamente parlando.
Non importa la storia, non importa chi siano i personaggi, è la cara zia Jane! Unica nel suo genere! La lettura di qualsiasi Opera di Jane Austen è piacevole, intrigante, stimolante! "Ragione e Sentimento" ha rappresentato per me il primo approccio verso questa nota autrice. Un trampolino di lancio alla scoperta della letteratura inglese. Marianne e Elenor, le protagoniste di questa storia, sono due sorelle e, come ci fa capire bene Jane Austen, sono caratterialmente molto diverse. Sono le figlie nate da un secondo matrimonio del Signor Dashwood. Oltre a loro c’è anche una sorella minore, Margaret e il fratello maggiore John, che è nato dal primo matrimonio e quando il padre muore, la tenuta di Norland passa proprio a lui! A John Dashwood. Poco prima che il povero Signor Dashwood lasciasse la sua famiglia, fece promettere al figlio maggiore che, dopo la sua morte, si sarebbe preso cura della matrigna e delle tre sorellastre. Qualcuno però impedirà la realizzazione di questa promessa: la moglie di Mr John, la signora Fanny, donna profondamente egoista, riuscirà a persuaderlo a non donare alcuna eredità paterna. Questo è uno dei personaggi più odiosi dell’intera Opera! Per fortuna il suo personaggio non appare spesso, ma i personaggi della Austen sono così realistici che se non li vediamo esibirsi sul palco, essi agiscono e continuano a vivere dietro le quinte.  A quel punto, le tre donne di casa Dashwood si ritrovano sole in una condizione di estrema precarietà economica e, per tal motivo, la madre teme per il futuro delle sue figlie. Dal Sussex si trasferiscono nel Devonshire, a Barton Park; un lontano cugino Sir John Middleton, a conoscenza delle loro difficoltà economiche, dimostra loro grande solidarietà invitandole a risiedere nel suo Cottage ad un prezzo inferiore del valore reale.
Rammento ancora il momento in cui la famiglia Dashwood, a bordo di un vecchio calessino, va incontro ad una nuova vita, lasciandosi alle spalle tutti i dolori subiti e le umiliazioni che susseguirono a causa dell’invasiva presenza di Fanny. A mio parere è un punto molto toccante del romanzo: dalle pagine traspare nostalgia, malinconia, ma anche un pizzico di eccitazione per il mistero di quello che riserverà loro il futuro. Passiamo alle due protagoniste: Marianne ha un carattere dolce, affabile, malleabile e da vera sognatrice. Elenor invece, sin dai primi capitoli, dimostra una durezza d'animo; ella è riflessiva e razionale, osserva con estrema preoccupazione l'indole romantica, impulsiva della sorella. Nonostante questo, sono legate da un fortissimo affetto. Ho sempre favorito il carattere di Elenor a quello di Marianne, ma non saprei dire quale fra i due fosse migliore dell’altro. Qualsiasi tipo di personalità, estroversa o introversa che sia, ha dei pro e dei contro. Quante volte ho sentito gente lamentarsi del proprio carattere, desiderandone un altro. Sono considerazioni immature, poiché nessuna personalità è perfetta o forse, lo è soltanto al momento della nascita. A volte sembra quasi che Marianne reclamasse il carattere distinto della sorella maggiore, poiché la ritenesse saggia, matura e coscienziosa, ma in realtà, come giusto che sia, rimane fedele a se stessa, ai propri desideri e ai propri modi di fare.  Un giorno nella loro vita appartata irrompe l'affascinante Willoughby: colto, galante, impetuoso, non può che rubare il cuore della giovane Marianne. Ma anche la passione più ardente è destinata a scontrarsi con la spietatezza della realtà. Marianne benché fortemente innamorata di Willloughby che si rivelerà d’essere un uomo di poco valore, sprofonda in un dolore quasi instancabile che sembri non volerla lasciare mai.
 Era questo il più grande timore di Elenor, che per giorni aveva deciso di nasconderle le cattive intenzioni del giovane. Così saggia dunque, da prevedere la reazione della sorella, tenendo poco conto dell'angoscia che custodiva dentro di sé. L'amore tra sorelle infatti, ha il potere di scacciare via dal cuore qualsiasi altro di problema personale ed Elenor, ragazza altruista e riservata, dimostra una grande forza a mettere da parte i propri sentimenti nei confronti di Edward Ferrars, fratello di Fanny. Il rapporto fra i due è principalmente scandito da un reciproco rispetto, stima e silenzi, che verranno interrotti da un’agghiacciante rivelazione. Entrambe le sorelle Dashwood combattono interiormente per l’amore, chi in un modo e chi in un altro. Elenor è capace di razionalizzare i sentimenti, o almeno, si illude di poterlo fare, mostrandosi sempre a pieno delle forze. Per entrambe la Austen ha tracciato un destino felice, romantico. A fine lettura non so se io abbia provato più stima per l’autrice o per i personaggi. È stato un viaggio quasi realistico. La sua lettura la consiglierei anche alla persona meno romantica del mondo, perché? È presto detto: Opere come “Ragione e Sentimento”, non solo offrono agli occhi del lettore uno stile eccezionale, ma lo catapultano in un’epoca che, sebbene fosse lontana dai nostri tempi, ha tanto da insegnare. Lo stile di Jane Austen lo trovo delizioso e di gran lunga piacevole.

Ripongo il libro dove lo avevo trovato e scatto anche una foto con il cellulare. Anche oggi ho preso in prestito un altro libro dalla libreria di Emma, ma per saperne il titolo dovrete aspettare la prossima recensione. 
Ragione e Sentimento di Jane Auste, Giunti 2014